L’incontro con Federico Chierico e Federico Rial di "Payssage à Manger" ci ha dimostrato come il percorso “Road to mountains” ci porti a conoscere il mondo dell’agricoltura di montagna da prospettive sempre diverse. Con Federico Rial e Federico Chierico siamo andati in Valle d’Aosta, più precisamente nella valle di Gressoney-Saint Jean, ai piedi del Monte Rosa. Qui nel 2014 i due giovani hanno fondato un’impresa agricola dal nome che è già rivelatore di una precisa idea di agricoltura: “Paysage à Manger”.
Federico Chierico è originario di Biella dove ha vissuto e studiato fino al 2011 quando approda nella valle di Gressoney. Il luogo delle estati da bambino e ragazzo, luogo del cuore al quale ha sempre voluto ritornare.
Federico Rial invece è nato qui e a studiato al Politecnico di Torino Ambiente e territorio, un percorso di studi portato a termine con l’ambizione di tornare nel proprio territorio e potersi dedicare al suo sviluppo.
Al centro della loro attività l’agricoltura di montagna che nei secoli ha dato forma ai paesaggi e l’obiettivo di restituirle il suo ruolo identitario, dando dignità a chi lavora la terra e costruendo solide reti interne alla comunità.
Il progetto si compone di un orto dove si producono gli ortaggi per la vendita diretta rivolta alla comunità locale e ai turisti. La coltivazione delle patate, invece, viene veicolata maggiormente al di fuori della valle, intercettando privati e ristoranti attenti all’alta qualità. Le patate coltivate sono antiche varietà delle Alpi, selezionate grazie alla collaborazione con la Fondazione svizzera ProSpecieRara che fin dagli anni Ottanta conserva e preserva semi di varietà a rischio di scomparsa. La ricerca per individuare le varietà ha portato Federico e Federico a incontrare la memoria storica orale della valle, riscoprendo così il legame fortissimo tra la comunità e le varietà locali. L’avvio della ricerca è stato però molto complesso. In prima battuta istituzioni e agricoltori avevano risposto in modo unanime che ormai non esistevano più varietà antiche. A testimonianza di un mondo rurale che era stato messo da parte poiché ad un certo momento della storia aveva perso significato. I ragazzi di “Paysage à Manger” son stati allora nelle case degli anziani, nei più remoti villaggi rurali riscoprendo il significato simbolico che il mondo rurale dava al cibo. Un valore che non era legato al fatto che di cibo ce ne era poco ma alla tradizione di tramandare di generazione in generazione i semi. Un passaggio importante, sancito anche dal fatto che fino a metà Ottocento i semi facevano parte dei corredi di nozze, poiché quei semi avrebbero garantito alle generazioni successive di che sfamarsi. Questo profondo significato è sopravvissuto finché il mondo rurale non è andato in crisi. Le varietà antiche son state quindi messe da parte e anche il mondo di queste vallate alpine si è indirizzato su altri binari.
Da questa consapevolezza nasce il primo interrogativo che si sono posti Federico Chierico e Federico Rial. Come valorizzare queste patate evitando che diventino a loro volta una semplice merce? L’obiettivo è stato quindi riuscire a condividere i valori di questo mondo rurale riscoperto, la sua relazione con il cibo, la forza e la bellezza del rapporto quotidiano con la terra e i suoi frutti. Soprattutto in una prospettiva che guarda al futuro dopo anni in cui si è cercato di portare in montagna un modello produttivo, e di vita, proprio della pianura e in cui le terre alte sono state considerate delle aree periferiche ad uso e consumo della città. La montagna, nella visione dei due Federico, deve “de-pianurizzarsi”, avere un modello di sviluppo armonico con le sue risorse e, soprattutto, deve ragionare a partire da se stessa. Le terre alte sono un mondo che racchiude tantissimi valori che devono essere riattualizzati per creare scambi e legami tra le comunità alpine.
In questo ambizioso processo “Paysage a Manger” si è sviluppata grazie alla forza e alla caparbietà dei fondatori, senza assistenzialismo ma cogliendo le opportunità. Tra queste fondamentale l’esperienza di Re StartAlp, l’incubatore per imprese del territorio alpino promosso da Fondazione Cariplo e Fondazione Edoardo Garrone. Questa esperienza ha dato le basi economiche e importanti apporti esperienziali e creato una rete di contatti fondamentale per alimentare il progetto. Anche il legame con Slow Food è stato fondamentale. La varietà Verrayes di patate è da poco divenuta un Presidio e con la collaborazione dell’Associazione Dislivelli si sta organizzando un progetto di formazione interno alla rete di produttori del territorio volto a sensibilizzare e creare una coscienza collettiva dei produttori.
In prospettiva Federico Chierico e Federico Rial ci hanno raccontato del loro desiderio di coinvolgere altre comunità alpine, coinvolgere altri produttori e aree, riappropriarsi dell’idea di comunità e della centralità del proprio territorio.
Per affrontare le difficoltà è fondamentale una visione di insieme, fare sistema. Innanzitutto con una gestione più sistemica dei terreni e poi l’agricoltura deve essere uno dei temi della politica e delle amministrazioni, non relegata a prodotto tipico o a folklore al servizio del turismo.
L’incontro è stato arricchito dall’intervento del prof. Annibale Salsa che ha sottolineato l’importanza delle popolazioni Walser e della cultura agricola ed esse connesse. Almeno 6 delle varietà di patate coltivate da “Paysage à Manger” sono tradizionali delle colonie Walser. L’epopea di queste popolazioni è fondamentale per la civilizzazione dell’alta montagna.
Michele Nardelli, Consigliere nazionale di Slow Food, ha invece sollecitato una riflessione in merito ai risvolti della pandemia anche in questi territori montani. La risposta dei ragazzi di “Paysage à Manger” è stata confortante. Gressoney ha fortunatamente un turismo di qualità e nel corso del 2020 si è formata una specie di “comunità liquida” con persone che da marzo 2020 non sono più scese in città. Federico Rial ci trasmette la suggestione di un bisogno di consumo che si è spostato ed ora sembra più orientato alla ricerca dell’aria fresca, delle dinamiche sociali migliori, della voglia di condivisione e di entrare in contatto con la comunità. La risposta ai problemi che i cambiamenti innescati dalla pandemia possono portare (over-tourism, speculazione immobiliare, ecc…) è proprio nell’affermarsi della propria identità e in questo l’agricoltura ha un ruolo centrale.