Vincenzo Patrone, produttore del Dolcetto dei terrazzamenti della Val Bormida, ci permette per la prima volta di parlare di vino nel corso degli incontri “Road to mountains”. Un tema particolarmente importante per il nostro territorio. Il Presidio è legato alla viticoltura eroica che Vincenzo, insieme ad altre quattro aziende agricole, porta avanti sui ripidi terrazzamenti dell’Alta Langa. Il Presidio riguarda tre comuni in quest’area al confine con la Liguria, nel comune di Cortemilia, il principale, troviamo l’azienda di Vincenzo e l’azienda Barberis – Cascina San Lorenzo, a Torre Bormida l’azienda Cesare Canonica e a Perletto l’azienda Roccasanta di Pietro Monti.
Vincenzo è l’esponente della terza generazione di viticoltori. Ha realizzato il sogno di non dover scappare da questi luoghi e anzi, come è successo nelle altre aziende, il ricambio generazionale ha portato innovazione e nuove prospettive alla lunga tradizione di coltivazione della vite sui terrazzamenti. Una tradizione antichissima che risale a duemila anni fa, da quando si è iniziata a sviluppare l’agricoltura nella zona, sono stati costruiti a mano e a secco. Venivano realizzati partendo dalla cima creando i terrazzamenti che oggi il Presidio vuole tutelare e salvaguardare. La vigna è coltivata come veniva coltivata cinquant’anni fa, anche nei vigneti più nuovi, mentre le tecnologie per vinificazione son state aggiornate secondo i moderni parametri.
L’azienda produce un’ampia gamma di vini ma è il Dolcetto dei terrazzamenti il prodotto distintivo. Sono vini influenzati dal microclima ligure e del mare e dalla mitigazione creata dalla pietra di langa. Il risultato è percepito soprattutto dall’eleganza dei sentori olfattivi.
La caratterizzazione del Dolcetto è stata studiata e condivisa insieme agli altri produttori per riuscire a differenziarsi. Grazie a un diradamento estivo molto intenso si è ottenuto un vino molto morbido, vellutato, con una buona acidità che dona una freschezza lunga.
La storia della Val Bormida è stata segnata da due momenti drammatici. In primis lo spopolamento del Secondo dopoguerra legato allo spostamento in città per lavorare nelle grandi industrie piemontesi. E ancora prima il disastro ambientale dell’ACNA di Cengio, l’azienda di coloranti che per decenni ha inquinato le acque del fiume Bormida e tutto il territorio. Il settore agricolo è stato disintegrato dall’inquinamento e per molti anni quindi i terrazzamenti e i terreni coltivabili sono stati abbandonati. Le nebbie causate dall’industria chimica venivano assorbite dalle piante e i veleni trasferiti nel vino. Il bosco ha rubato spazio alle aree coltivate modificando un paesaggio che l’uomo aveva forgiato con la sua azione nel corso dei secoli. La Valle è rinata da pochi anni grazie alle lotte delle popolazioni locali. Simbolicamente la rimozione del divieto di balneazione nel fiume è stato il momento del riscatto e l’inizio di una nuova era in cui i giovani hanno cominciato a fermarsi nuovamente nella valle e ritornare all’agricoltura.
Tra le difficoltà che devono affrontare coloro che si dedicano al recupero dei terrazzamenti al primo posto vi sono le complicazioni legate al riappropriarsi di questi spazi. Per bonificare il bosco è necessario pagare dei costosi crediti compensativi. Una contraddizione frutto, ancora una volta, di un ambientalismo ideologico e cittadino che non conosce le vere problematiche delle aree interne. Per questo gran parte dei terrazzamenti sono ancora abbandonati mentre fino a cinquant’anni fa tutte le colline dell’Alta Langa, anche ad altezze fino ai 900 metri, erano coltivate. Su questo tema è intervenuto il professor Annibale Salsa che ha raccontato di come abbia vissuto in prima persona il dramma della Val Bormida, avendo vissuto in quest’area dove la famiglia aveva delle vigne proprio sui terrazzamenti. Salsa ha raccontato la fatica del padre per cercare di recuperare i terrazzamenti. Da difensore del paesaggio e dell’ambiente Salsa ha sottolineato come questo sia un ambientalismo con visione ideologica e idealizzata che fa male all’ecologia.
Va invece difeso un paesaggio qualificato dall’agricoltura, nel paesaggio vi è la natura con la sua parte selvaggia ma anche la parte culturale realizzata dall’uomo. L’avanzamento del bosco crea inoltre dei problemi nuovi. Come quelli legati al dissesto idrogeologico causato dal fatto che l’uomo non gestisce più le acque e il proliferare di specie non autoctone di animali selvatici.
Vincenzo ricorda che in questa zona marginale, insieme si va più lontano, le quattro aziende produttrici di Dolcetto sono tutte alla terza generazione. A Terra Madre i produttori si presentano con uno stand unico per proporsi come Presidio, cercando di favorire l’accesso al mercato di tutti. Sono stati superati campanilismi e egoismi del passato per creare una vera comunità.
All’incontro ha partecipato anche Maddalena Nardin, titolare della Cantina Villa Corniole in Val di Cembra. Maddalena ha portato l’esperienza della viticoltura eroica sui terrazzamenti della valle trentina creando un dialogo con il racconto di Vincenzo.
Ogni incontro di “Road to mountains” si chiude chiedendo quali sono le prospettive a lungo termine del progetto. Vincenzo vede il proprio futuro legato alla speranza che il figlio, nato solo un mese fa, possa proseguire nella valorizzazione dei terrazzamenti e nel custodire il grande patrimonio ereditato dalle generazioni precedenti. Vincenzo auspica che il Dolcetto dei terrazzamenti possa sbarcare in nuovi mercati aumentando la conoscenza dell’Alta Langa e portandovi un turismo di qualità. Anche Maddalena vede il futuro della sua azienda legato alle nuove generazioni. Alle tre figlie è stato dedicato il Trentodoc Salisa, acronimo di Sara, Linda e Sabina.