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Assemblea Slow Food Trentino 2024: azioni di advocacy in Trentino




In apertura all’Assemblea 2024 di Slow Food Trentino Alto Adige Aps è stata ricordata la visione di un’associazione trasversale alla filiera del cibo che riunisce produttori, cuochi, trasformatori e cittadini, per costruire una rete globale di comunità locali consapevoli del ruolo del sistema di produzione, distribuzione e consumo di cibo nella crisi climatica, del valore del cibo buono, pulito e giusto (anche per contrastare quest’ultima) e di modelli economici alternativi a quelli della massimizzazione, della concorrenza e della prevaricazione. Nella visione di Slow Food il cibo è strettamente interconnesso alle altre sfere della vita sociale e alle crisi dei nostri giorni. In questo contesto la missione di Slow Food è quella di tutelare la biodiversità, diffondere conoscenza intorno al cibo e la consapevolezza di quale sia un sistema di produzione, distribuzione e consumo del cibo sostenibile, equo ed accessibile. Per questo Slow Food cerca di cogliere ogni occasione per diffondere questi valori nelle scuole, in iniziative pubbliche, nei rapporti con le amministrazioni, con enti del terzo settore e realtà private.  E poi ancora, quindi, Slow Food è impegnata in una costante azione di sostegno alle economie di piccola scala, creazione di reti, nell’alimentare progetti partecipati, in attività di ricerca. Tutto ciò viene anche declinato nel territorio del Trentino Alto Adige, dove si contano sei associazioni di promozione sociale territoriali (Alto Adige, Terre del Noce, Giudicarie, Valsugana, Primiero e Valle dell’Adige Alto Garda), che compongono la rete di Slow Food Trentino Alto Adige Aps. Circa ottocento soci, una rappresentanza trasversale che raccoglie esponenti del mondo delle produzioni ma anche cuochi e ristoratori, studenti e ricercatori, cittadini interessati a contribuire a ridare valore e centralità al cibo buono, pulito e giusto.


Nel corso del 2023 sono state molteplici le attività di Slow Food sul territorio con più di 200 iniziative che hanno visto impegnati decine di volontari nel donare alla comunità più di 5.000 ore di lavoro volontario. Sono stimate in circa 30.000 le persone coinvolte in queste attività che hanno assunto le forme più molteplici proprio per render accessibili i temi a un pubblico il più vasto possibile. Sono state organizzate conferenze e convegni, mercati e gruppi di acquisto, incontri pubblici e interventi nelle scuole, laboratori del gusto e visite in azienda.

Il 2023 si afferma come l’anno nel quale lo spirito di collaborazione e tessitura di reti che anima Slow Food si è mostrato più vigoroso: sono stati registrati più di 70 partner tra amministrazioni, musei, associazioni, scuole, enti del terzo settore e aziende per il turismo.

La prima sessione dell’Assemblea ha voluto approfondire quattro tematiche che riguardano il lavoro di Slow Food in merito all’advocacy. Con uno sguardo in primis al microcosmo di problematiche strettamente connesse al nostro territorio e alle produzioni alimentari, per poi via via allargare lo sguardo per ricordarsi che l’azione locale di Slow Food non piò prescindere dal sentirsi interconnessa con il mondo.



Il Latte crudo tra sicurezza alimentare e sostenibilità ambientale ed economica

Giampaolo Gaiarin, tecnologo e responsabile dei Presidi Slow Food caseari, è intervenuto sul tema del latte crudo nelle produzioni casearie. Innanzitutto ha voluto evidenziare come il latte crudo non può essere considerato semplicemente un latte non pastorizzato, bensì un modo di produrre diverso rispetto allo standard di produzione. L’allevatore che lavora con professionalità e cultura, con la massima cura al benessere animale e attenzione nelle fasi di trasformazione deve lavorare a latte crudo. Solo così potrà dar vita a un formaggio non standardizzato, espressione del territorio. D’altra parte il latte pastorizzato nasce per essere trasferito nel tempo e nello spazio, per garantire la massima uniformità che richiede l’industria. Il processo di pastorizzazione azzera la storia di quel latte ed ogni legame con essa. In questo contesto si inseriscono le riflessioni relative al problema dello STEC che sarà al centro di un incontro pubblico che Slow Food sta organizzando per l’8 giugno 2024 proprio sul tema.




Alpeggio e governance delle Terre Alte

 

Marta Villa, vicepresidente Slow Food regionale e antropologa dell’Università di Trento, introducendo il concetto di Territorio di Vita, la relazione che le comunità instaurano prendendosi cura del proprio territorio di proprietà collettiva, ha illustrato la nuova attività di ricerca che vede coinvolta la tirocinante Lisa Cecchetti, laureanda del Dipartimento di Sociologia, Slow Food e l’Associazione Provinciale delle Asuc. Si tratta infatti di una mappatura di tutte le malghe e degli alpeggi di dominio collettivo della Provincia di Trento. «L’alpeggio è un presidio culturale e colturale delle Terre Alte - ha chiarito Villa - le attività di custodia del territorio fatte da persone in carne ed ossa non sono nostalgici retaggi del passato, spesso così mal descritti, ma sono vive testimonianze di attuazione della Costituzione nei suoi articoli 2 (diritti inviolabili delle persone e delle formazioni sociali) e dell’ art. 9 (tutela di ambiente, paesaggio e biodiversità)» La relazione si è conclusa con il lancio della campagna “Resistenti con il Caseificio Turnario di Pejo” gestione autentica del patrimonio collettivo. Ciascuno può essere attuazione vivente della carta costituzionale, cittadini attivi per sostenere i progetti vitali del territorio come quello del Turnario, vere oasi di fraternità che implementano costantemente la biodiversità culturale e naturale del Pianeta.



 Food policy e politiche locali del cibo

 

Parola al vice presidente di Slow Food Italia che ha presentato i lavori che l’associazione sta conducendo in tutta la penisola, in collaborazione con numerose amministrazioni, sulle Food policy e le politiche locali del cibo. Ha ricordato la “tempeste perfetta” che ha portato, a seguito della cosiddetta protesta dei trattori, l’Unione Europea a fare una preoccupante retrocessione sulle tematiche del Green Deal. Ma non solo, è riuscita a mettere il mondo delle produzioni contro gli ambientalisti. La domanda che anche Slow Food si pone in questo contesto è cosa non ha funzionato se tanti anni di lavoro e di advocacy son stati spazzati via. Ma l’invito è a continuare il cammino. Con una particolare attenzione alla formazione delle nuove generazioni. Proprio per questo nei giorni scorsi è stato lanciato l’appello per inserire l’educazione alimentare come insegnamento obbligatorio in ogni scuola di ordine e grado. Tra i progetti che Slow Food sta portando avanti sul tema delle food policy vi è un corso di alta formazione per Manager delle politiche locali del cibo, con la finalità di trasferire competenze e capacità per il disegno, lo sviluppo e la gestione di azioni integrate per favorire la transizione alimentare delle città. I contenuti del corso, come da programma allegato, verteranno sul ruolo delle città, dalla governance e gestione della politica locale del cibo alla definizione di azioni concrete su mercati dei contadini e filiere corte del cibo, logistica, educazione alimentare, public procurement e mense, gestione delle filiere dello spreco alimentare, contrasto alle povertà alimentare, con un’attenzione alla coesione con lo spazio rurale. In particolare, le esperienze promosse e avviate dalle organizzazioni promotrici del corso saranno messe al servizio dei partecipanti

per condividere teoria e casi applicativi, anche attraverso visite tecniche.

Raoul Tiraboschi ha anche presentato “Food for climate. 7 azioni per una cittadinanza che nutre il futuro”. Nelle quattro regioni coinvolte dal progetto In Cibo Civitas, i giovani della rete Slow Food Youth Network Italia hanno individuato aziende, start-up, associazioni e progetti che hanno sviluppato iniziative e modelli di circular economy for food. La collaborazione con l’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche e con tutti i partner, i Comuni e le altre reti sui territori di progetto ha portato alla luce 42 buone pratiche di economia circolare. Sono tutte raccontate in una pubblicazione.

Quello che la rete Slow Food in Trentino può fare su questi temi è stimolare ogni realtà con la quale si intrecciano relazioni, ad affrontare in modo organico il tema del cibo sul territorio. Cogliere lo spunto dell’organizzazione di un mercato, del coinvolgimento in un progetto per suggerire ogni volta di ampliare lo sguardo alle altre tematiche delle politiche locali del cibo: garantire l’accesso al cibo, migliorare la sostenibilità dei sistemi, educare al cibo, impegnarsi nella lotta agli sprechi, favorire la ricerca e l’innovazione, lavorare sulla connessione città-campagna, comunicare correttamente, co –progettare, ecc …



 

The impacts of culture on food related-behaviours

La Gia Long, studente dell’Università di Trento, presenta il progetto di ricerca sul cibo come veicolo di connessione di comunità che lo porterà ad indagare il suo ruolo tra le ocmunità migranti presenti in Trentino.  Il cibo è per eccellenza ibrido, frutto di continue contaminazioni, incontri di culture, spostamenti di popoli, si contamina, unisce, si modifica costantemente. Proprio per questo il cibo, inteso come bene comune, è uno straordinario strumento di dialogo e integrazione.  Il progetto di ricerca si propone di esplorare il potenziale del cibo come strumento per promuovere il dialogo interculturale e la condivisione di conoscenze tra le varie comunità di emigrati presenti nel territorio del Trentino. Attraverso il contatto con associazioni di emigrati provenienti da diverse parti del mondo, La Gia Long avrà l'opportunità di approfondire le relazioni interculturali, di comprendere come il cibo possa essere uno strumento di integrazione.  



Solidarietà e comunità Slow Food: il progetto di Ala Azadkia

Ala Azadkia presenta i risultati del progetto, iniziato nel 2020, della Comunità Slow Food dei produttori e co-produttori dello zafferano di Qa’en. Un’esperienza che deriva dalla tesi di laurea presso la facoltà di Ingegneria gestionale di Parma condotta da Ala Azadkia nel 2017 relativa allo sviluppo del commercio equosolidale di zafferano dalla regione di Qa’en, in Iran. A distanza di anni Ala ci racconta oggi di una rete di coltivatori di piccola scala impegnati nella raccolta del prezioso zafferano con una equa remunerazione del proprio lavoro e di cooperativa di donne iraniane che producono tessuti colorati con i petali dello zafferano, prodotto di scarto che come nella miglior economia circolare diviene valore aggiunto. Ala ci racconta soprattutto di come la consapevolezza che il frutto della loro fatica viene trasformato e lavorato in Italia, da altri artigiani del cibo buono, pulito e giusto, dà un senso alla loro attività ed è una forma di riscatto per le donne iraniane negli anni più bui della Repubblica islamica.

 

Un filo conduttore ha legato però ogni intervento, ed è stato la proposta e l'attenzione verso un modello diverso rispetto a quello di cui stiamo vedendo le conseguenze intorno a noi. Ce lo ha ricordato la lettura, dell’attore e attivista di Slow Food Giuliano Comin, di un brano dall’intervento di Alexander Langer: “La conversione ecologica potrà affermarsi soltanto se apparirà socialmente desiderabile”.

Gli interventi dell’assemblea hanno rappresentato un modello economico, sociale e culturale che guarda alla pace, alla costruzione di comunità e di reti solidali, che trova nella fraternità lo strumento per affrontare le barbarie, le crisi e le guerre dell'oggi.

Anche e soprattutto questo è occuparsi oggi della centralità del cibo buono, pulito e giusto e delle sue connessioni, impegnarsi in Slow Food, custodire la biodiversità e i territori di vita, diffondere cultura e conoscenza, promuovere la cura: costruire la pace. 

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