di Barbara Tavernaro, Consiglio direttivo Slow Food Trentino Alto Adige APS
Osservazioni inviate al Consorzio di Bonifica Brenta
Come Slow Food Trentino Alto Adige APS e Slow Food Primiero APS vogliamo esprimere la nostra decisa contrarietà in merito al progetto della realizzazione di un bacino idrico nella valle del Vanoi.
La nostra associazione si occupa di sostenere e tutelare il “cibo buono, pulito e giusto” da oltre 30 anni e lo fa dando appoggio agli attori del territorio - produttori, ristoratori, trasformatori, comunità - tutti coloro che rappresentano la filiera del cibo e che con fatica portano avanti la battaglia per la salvaguardia della biodiversità e delle culture locali.
Nel fare questo, non possiamo prescindere dall’occuparci anche della tutela degli ecosistemi all’interno dei quali si sviluppano i delicatissimi intrecci delle reti locali di produzione del cibo. Ed in particolar modo di quelli che riguardano le Terre Alte, territori già in sofferenza per diversi motivi, spesso tra loro interconnessi: la montagna vede da decenni il crescente aumento del livello di spopolamento, complice una poco lungimirante visione della politica, che la percepisce più come luogo di intrattenimento turistico e di sfruttamento di risorse, che come territorio da considerare con le sue peculiarità e potenzialità; a questo si aggiunge un’innegabile modificazione delle condizioni climatiche, che hanno visto il progressivo aumento delle temperature medie nel corso degli ultimi anni, con il conseguente aumento dei fenomeni metereologici estremi e la drastica riduzione dei ghiacciai (importanti regolatori termici oltre che fonti di acqua).
Pur nella consapevolezza che la crisi climatica in atto non riguarda solo la montagna, vogliamo mettere però l’accento su quanto questo territorio possa risentirne in modo particolare, data la sua propria tipicità, e su quanto la tenuta di questo ecosistema sia fondamentale anche per la sicurezza della pianura.
L’agricoltura che si pratica su queste terre non può essere paragonata a quella intensiva e fortemente indirizzata verso la monocoltura che si trova in pianura, che oramai da tempo mosta la sua insostenibilità. Quella delle Terre Alte è un'agricoltura fatta di piccole aziende, che molto spesso affondano le loro radici saldamente nella cultura locale: le colture che qui si portano avanti sono alla base della nostra identità eno-gastronomica, quella stessa identità che il turista viene poi a ricercare
Quasi ogni famiglia coltiva il suo proprio orto - se ne contano in valle del Primiero almeno 1500 - e questo ha un impatto sia sulla microeconomia delle famiglie, sia relativamente all’aspetto identitario della collettività, che qui a differenza di altri territori, si prende cura in via diretta della propria terra. Le piccole imprese agricole locali hanno portato avanti con orgoglio produzioni di tipo autoctono, diventando veri e propri custodi di biodiversità.
Sottolineiamo l’importanza di questo aspetto: perché custodire la biodiversità significa mantenere e rafforzare la resilienza di un territorio. Un sistema biologicamente vario possiede in se stesso gli anticorpi per reagire agli organismi dannosi e per ripristinare il proprio equilibrio. Al contrario, un sistema basato su un numero ristretto di varietà, invece, è molto fragile e fortemente vulnerabile in situazioni di forte stress, come quelle che si presentano oggi.
E' proprio questo l’aspetto che maggiormente ci preoccupa quando pensiamo al progetto della diga sul Vanoi.
La valle del Primiero è tra i territori con il maggior tasso di umidità e piovosità del Trentino. Le cronache storiche riportano che già la costruzione della diga dello Schener ha comportato all’epoca un aumento di questo tasso. In aggiunta all’aumento medio delle temperature, con gli inverni che risultano essere sempre più miti, già si sono visti nelle ultime stagioni gli effetti di queste combinazioni, con la diffusione sempre più estesa di malattie delle piante (come peronospora e oidio) e la difficoltà di portare a giusta maturazione alcune varietà che soffrono particolarmente il caldo.
Riteniamo che la costruzione di un ulteriore bacino idrico - con una tale portata, come quello previsto nel Vanoi - possa andare ad incidere ulteriormente sul tasso di umidità e piovosità presente in valle e nei territori limitrofi, andando quindi a sovraccaricare una situazione già al limite.
Questo aspetto andrà ad influire direttamente sull'equilibrio del microclima locale e di conseguenza sulla qualità della nostra agricoltura, che è la struttura primaria e portante della nostra microeconomia e, di conseguenza, sullo sviluppo delle potenzialità di attrazione che il nostro territorio può avere verso la residenzialità permanente in valle.
Incide direttamente sulle capacità di sviluppo del territorio secondo una prospettiva che sia in armonia con il proprio ecosistema. Piccoli contadini, pastori e pescatori conoscono e rispettano il fragile equilibrio della natura; sono loro gli ultimi custodi della terra, perché sanno operare in armonia con gli ecosistemi e non in competizione con essi. Sono portatori di un diverso modo di fare economia che ha in sé potenzialità di avanguardia.
I risvolti che la costruzione di questo invaso - che dovrebbe sorgere all’interno dell’ultima valle rimasta intatta nel nostro territorio - mette in pericolo proprio questa idea di sviluppo sostenibile, non solo relativamente al settore agricolo e dell’allevamento, ma anche per quello del turismo.
Lo sviluppo che noi auspichiamo per il nostro territorio in questo settore, infatti, non ha a che fare con il turismo d’assalto di coloro che vanno in montagna per moda. Noi vogliamo promuovere un tipo di turismo rispettoso e consapevole, che sappia apprezzare i nostri territori anche in momenti diversi da quelli di punta, e che ricerchi l’unicità della nostra natura. Per questo, centrale diventa la promozione di itinerari costruiti per la valorizzazione della biodiversità dei luoghi, della loro tipicità e cultura.
Ne è un esempio la Via Della Frutta Antica, di recente costituzione, che vuole far conoscere al visitatore più sensibile le antiche varietà di frutta qui presenti. Ma questi alberi secolari, questa nostra esclusività, questo nostro patrimonio non ha una garanzia di futuro se non verrà garantita la salubrità del suo territorio.
Sottolineiamo che la presenza di ambienti naturali poco antropizzati come quello della Valle de Vanoi sono oggi una risorsa preziosa da tutelare, come ci ricorda anche la recente approvazione da parte dell’Europa della legge sul ripristino degli ambienti naturali. Sono ambienti che vanno amministrati con rispetto, perché serbatoi di resilienza, e che vanno rispettati nelle loro caratteristiche e nella loro capacità di rigenerazione. Le cronache di questi ultimi mesi ci raccontano quanto sia importante oggi più che mai lasciare alla natura il proprio spazio, riducendo la cementificazione del suolo e l'imbrigliamento dei corsi d'acqua, e mantenendo il più possibile puliti i bacini già esistenti.
Il cambiamento che auspichiamo e chiediamo con forza alla politica e a tutti gli enti che si occupano di opere pubbliche e gestione del territorio va nella direzione di una maggiore consapevolezza e una presa d'atto che la comunità umana è immersa in un ecosistema articolato e che il mantenimento della salubrità di questo ecosistema è imprescindibile per la vita e l'intera economia delle attività umane.
Chiediamo, quindi, che l'aspetto di impatto ambientale sul microclima locale, che un'opera come la diga sul Vanoi porta con sè, venga tenuto in primaria considerazione e non lasciato sullo sfondo come un elemento di secondaria importanza. Lo chiediamo innanzitutto relativamente all'incidenza che l'opera avrà sull’innalzamento del tasso di umidità e di piovosità, ma anche in considerazione dei sempre più frequenti eventi estremi che si stanno sviluppando e che potrebbero forse venire accentuati dalla presenza di una considerevole massa di acqua che rilascia calore;
chiediamo la realizzazione di un’analisi accurata delle possibili ricadute anche nell’ambito dell’agricoltura locale e dei pascoli;
chiediamo che venga esaminato con attenzione anche in che modo l’aumento del tasso di umidità e piovosità possa andare ad incidere sulla stabilità dei versanti montuosi delle aree circostanti (come Imer e Mezzano), in considerazione del possibile aumento del livello di infiltrazione delle acque, dal momento che questi versanti sono già fragili, come attestato dalle frequenti alluvioni avvenute, a partire dalle più tragiche nel 1748, 1823 e 26, 1829, 1882, 85 e 89, 1966: tutti eventi che non sono stati presi in considerazione dalla redazione della matrice multicriteria, ma che costituiscono il substrato storico all'interno del quale si andrà ad inserire quest'opera.
Chiediamo inoltre che l’analisi dell’impatto ambientale venga realizzata e tenuta in considerazione anche in relazione alla fase di realizzazione dell’opera, con l’attivazione dei cantieri.
Riteniamo che il mancato approfondimento di questi aspetti violi apertamente le disposizione europee in materia di sicurezza dei cittadini e di tutela degli habitat.
Chiediamo che PRIMARIAMENTE, prima di andare a distruggere un ambiente pressoché incontaminato, vengano prese in considerazione le alternative meno impattanti a livello ambientale che GIA’ ESISTONO:
- AFI
- Sghiaiamento dei bacini già esistenti
- Ammodernamento ed efficientemente degli impianti di distribuzione irrigua
- micro laghi
per citarne solo alcuni.
Tali soluzioni permetterebbero alla pianura di rendersi autonoma a livello idrico.
In questo senso, vogliamo anche sottolineare come l'aver posto la comunicazione secondo la dicotomia tra "necessità della pianura VS necessità della montagna" (per cui la "discussione" è stata concentrata solamente sulle due ipotesi o diga o niente, senza minimamente approfondire le alternative), sia stata VOLUTAMENTE fuorviante, perché ha intenzionalmente evitato di affrontare il problema della gestione dell'acqua e della siccità (problema urgente, drammatico e complesso), forzando invece l'idea che la soluzione poteva essere solo una e mettendo così in conflitto due comunità.
Pianura e Terre Alte sono invece due realtà diverse, ma complementari, che necessitano di un lavoro in sinergia per affrontare le sfide che i repentini cambiamenti climatici stanno portando avanti.
Ci chiediamo come mai lo stesso Consorzio Bim Brenta, dopo aver partecipato alla fase di sperimentazione portata avanti sulle AFI, abbia deciso di accantonare questa soluzione - lungimirante sotto molti punti di vista, non ultimo quello economico - in favore di una soluzione che riflette un modo vecchio, antieconomico e predatorio di guardare e gestire il territorio.
La montagna è un ecosistema fragile, la cui salute è un elemento imprescindibile per mettere in sicurezza anche le attività che si svolgono in pianura.
Perché ciò venga garantito serve preservare il suo equilibrio naturale, la sua tipicità in quanto ecosistema complesso; e serve mettere nelle condizioni di poter mantenere questo ecosistema la comunità delle persone che qui vi risiedono stabilmente. Perché se la montagna continuerà a spopolarsi, la pianura sarà sempre più a rischio.
E perché lo spopolamento si fermi servono politiche di gestione del territorio orientate verso la salvaguardia della sua salubrità.
Il progetto della diga del Vanoi rischia di essere una speculazione, ancora una volta ai danni del territorio, non risolutivo di un problema, economicamente oneroso e inutile, a fronte di una serie di alternative già possibili più economiche e ambientalmente meno impattanti.
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